GIAN FRANCO GRECHI

1972 Critico d’Arte

Il tipo di linguaggio cromoplastico che si suole definire realismo richiede, come precisa necessità, un impegno formale unito alla viva fantasia: non perché altri filoni d’espressione artistica non sentano le stesse esigenze ma perché questa corrente raggiunge una dignità sicura solo nell’attuazione di quei canoni mentre altre scuole, più svincolate da costrizioni sintattiche per bisogno d’invenzione, sentono meno l’onere della forma.

Tutto ciò non rappresenta certamente un limite del surrealismo che, anzi risulta, per tale condizionamento, potenziato poiché il rigore esclude mediocri compromessi o orecchiate maniere facilmente contrabbandabili sotto l’etichettatura d’altri linguaggi artistici.

Il muoversi da una realtà, non però da un oggetto, ed il superarla, implica una conoscenza che poi, nella raggiunta sintesi con l’intervento fantastico, viene espressa dalla conclusiva invenzione originale.

Il sorpassare una realtà che si denuncia segnata in maniera imprecisa potrebbe assumere il valore d’una rivelazione d’impotenza annullatrice di forza nei risutati.

Altro pericolo del surrealismo è che la fantasia risulti appesantita da presenze autobiografiche non riuscendo a concludere in formule esternamente percepibili.

Queste esigenze ed esclusioni paiono completamente risolte dal Granato che, con mezzi d’alto valore calligrafico, costruisce delle pagine per nulla gravate da indulgenti compiacenze per le proprie possibilità, procedendo nella narrazione vivificata da un generoso lirismo: generoso perché disposto alla riduzione del tono intimo-personale nella raggiunta comunicazione d’ampio respiro; dunque più dono che confessione.

Granato, movendosi riscattato da ogni aggancio onirico, immobilizza lo slancio delle sue immagini in un’atmosfera costante in tutti i lavori, ricchi di sperimentazioni e soluzioni tecniche vigorose ed opportune.